Forse non tutti apprezzano i confini
che ci hanno abituato a registrare
con dovizia di carte, il favore
di armamenti pronti a sorprendere
chi ha fame, chi non può permettersi di stare
dove dicono gli altri se non c’è – non c’è –
più di che vivere. E’ un buon motivo
per credere in qualcosa che i trattati
non possono trattare. Se il nome di battesimo
non basta, è dovere di chi spera
– non di chi spara e chi separa –
inventare l’Utopia di una guerriglia
che rende bersaglio dei cecchini
israeliani, a cui puoi opporre solo
un tatuaggio, il tuo restiamo umani,
detto nel sangue, prima che venga maggio,
e sia già in volo.
Una barca che attracca
in un porto lontano,
scende un uomo con la sacca
basco nero e pipa in mano.
Non è la terra
dell’avorio
ma una Striscia alla brace,
lui si chiama Vittorio
un cronista di pace.
Gaza è solo un ostaggio
del colonialismo sionista,
Vik racconta l’oltraggio
Piombo Fuso in vista.
Un diario di bordo
aggiungi morti al bilancio,
e il mondo resta sordo
anche al fosforo bianco.
Penna che scorre
veloce
Parole che diventano lame,
questa violenza atroce
riduce un popolo alla fame.
Un inguaribile
idealista
inseguendo l’utopia,
hanno ucciso un pacifista
a Gaza vince la follia.
Né martire, né santo,
occhi e cuore partigiani,
la Palestina intona un canto
grazie Vik, Restiamo Umani.